Maddalena Ronchi, ricercatrice dell’università Bocconi e Nina Smith della Aarhus University, hanno analizzato la relazione tra l’atteggiamento dei manager danesi nei confronti delle donne e l’uguaglianza di genere nei posti che dirigono attraverso un parametro particolare: la nascita di una figlia femmina rispetto a un figlio maschio. Ciò che è emerso è stato definito “effetto figlia”: nelle aziende in cui i manager sono padri di una bambina, l’uguaglianza di genere migliora per numero di donne presenti e per guadagni relativi, rispetto alle aziende il cui manager ha un figlio maschio. Dopo la nascita della prima figlia — con le altre l’effetto si attenua —, aumenta la propensione dei manager ad assumere donne, “più simili ai loro colleghi maschi”: lavorano a tempo pieno, hanno un’istruzione più elevata di quella secondaria e percepiscono stipendi elevati all’interno dell’azienda. Questa somiglianza, però, non conferma ma ribalta il pregiudizio di genere, perché il manager arriva a riconoscerla sia nella preparazione sia nella retribuzione delle collaboratrici. È nelle posizioni apicali, infatti, che i manager padri di una bambina sostituiscono gli uomini assumendo donne con caratteristiche comparabili. Così l’effetto della nascita di una femmina sull’uguaglianza di genere è considerevole e corrisponde a circa un quarto dell’effetto positivo di avere una manager donna. Sono conclusioni molto interessanti, perché il gender gap non si abbatte se non cambiando la cultura e la testa dei maschi. PS: Un’ultima considerazione… ma “l’effetto figlia” va annoverato tra le buone o le cattive notizie? Non ci resta che sperare…che sia femmina!!