In Italia non sono “occupate”, né cercano un’occupazione oltre 7 milioni di donne tra i 30 e i 69 anni – il 43% delle donne in quella fascia d’età, contro una media europea del 32%. Si tratta principalmente di casalinghe a tempo pieno per scelta oppure obbligate, a causa dalle barriere incontrate all’ingresso o al reingresso nel mercato del lavoro.
Inattive sono anche le lavoratrici andate in pensione a un’età più giovane (2,5 milioni tra pensioni di anzianità, sociali e di invalidità). Il dato più preoccupante riguarda il Sud e le Isole dove più di una donna su due (58%) non lavora, né è in cerca di un’occupazione, mentre al Nord sono tre su dieci le inoperose.
Associate a questi risultati, l’età e l’istruzione: le attive tra i 35 e i 44 risultano il 70,6%, quelle tra i 55 e i 64 anni il 47,4%. Solo l’8,4% delle donne inattive invece è laureata, il 41,5% di chi ha la licenza media non è occupata né cerca un’occupazione. E dal 1990 a oggi, il tasso di attività è rimasto fermo. È quanto emerge dal nuovo rapporto di Randstad Research, “Le isole delle donne inattive”. Proprio come le isole, molte donne rischiano l’isolamento.
Per le neo-mamme, uscire dal mercato del lavoro risulta a volte essere l’unica via percorribile. Dai dati dell’ispettorato nazionale del lavoro, nel 2020, su 42mila genitori di bambini tra gli 0 e i 3 anni che si sono dimessi, il 77% erano donne. L’assenza di una solida rete di servizi per l’infanzia e l’inadeguata copertura di congedi retribuiti per le madri sono alcune delle cause.
“No man is an island”. Not even women.
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